Argomento » Due parole

A un giovane traduttore

«Guai a colui … che fa lavorare il prossimo per nulla, non gli paga il suo salario…» (Geremia, 22,13)

 

(Questo articolo è già stato pubblicato nel giugno 2012 sulle pagine di No Peanuts! for Translators, che invito tutti i colleghi traduttori e aspiranti tali a visitare presto e con regolarità.)

Chi mi conosce, in special modo fra i colleghi traduttori ma non solo, sarà forse al corrente degli antefatti che legano il mio nome a quello di un «editore» valdostano. (Chi invece non fosse al corrente può informarsi qui.)

Sono passati quasi tre mesi dalla risposta che ho indirizzato allo studio legale dell’«editore», e né lo studio legale stesso, né l’«editore» si sono più rimessi in contatto con me. So però che l’«editore» non desiste dalle proprie battute di caccia al traduttore (trovando purtroppo anche degli imitatori), e pochi giorni fa ho ricevuto questa e-mail (dove non è importante il chi, ma il cosa):

L’11 giugno 2012 20:36, C.F. ha scritto:

… Ora, sono stato contattato la settimana scorsa dall’editore in questione in merito alle loro selezioni per traduttori. In quanto laureato in lingue e letterature straniere l’ambito delle traduzioni è sempre stato tra le mie prospettive di lavoro principali e quella proposta mi era sembrata una ottima occasione di mettere a frutto le mie esperienze. Tuttavia la lettura dei diversi articoli [da lei tradotti, ndr] mi ha profondamente sfiduciato… vorrei un suo parere personale sulla serietà e sulle reali possibilità della proposta.

e a un certo punto mi è venuto in mente che, forse, la risposta privata che stavo per inviare a C. poteva utilmente diventare una risposta pubblica. E dunque eccola:

Caro C.,

personalmente mi dispiace molto di aver causato un senso di sfiducia, in te o in chiunque altro sia molto più giovane di me, d’età e di mestiere, e coltivi la speranza di fare il traduttore editoriale.

Ma per dire pane al pane senza tante cerimonie, questo «editore» non ti offre «un’occasione»: se la proposta rivolta a te è la stessa che i signori pubblicano sul loro sito e a scadenza periodica anche altrove, questo «editore» ti chiede dei soldi per farti lavorare gratis, e per un periodo indefinito. A un testo che non si sa se sarà pubblicato; che se lo fosse (in formato elettronico, come e-book), ha scarsissime possibilità di essere venduto; e che, quindi, non si tramuterà per te in alcuna occasione, di visibilità e tanto meno di guadagno.

Questo «editore», già da un pezzo, ha individuato nel bisogno di esperienza e nella fame di lavoro degli aspiranti traduttori editoriali la sua gallina dalle uova d’oro.

Attira persone come te, giovani o meno giovani ma soprattutto inesperte riguardo al funzionamento dell’editoria libraria e alle prassi normative che lo regolano; e in cambio di denaro, nel corso di un creative meeting di tre ore racconta loro diverse cose, ma soprattutto che in Italia, per i traduttori editoriali, la legge prevede un compenso tramite royalty: cioè, una partecipazione ai ricavi della vendita di ciascuna copia del libro tradotto, sotto forma di percentuale sul prezzo di copertina (o di download).

Quindi procede ad assegnare ai partecipanti ai meeting un saggio di traduzione; e in base a questi saggi seleziona alcuni fortunati a cui affidare, previa firma di un «contratto», interi volumi da tradurre e poi pubblicare (forse) in forma elettronica. Dunque l’aspirante traduttore paga per partecipare al meeting; si paga ovviamente il viaggio per raggiungere il luogo del meeting stesso; poi torna a casa e lavora gratis per giorni o settimane al saggio di traduzione; poi, forse, sarà selezionato grazie alla validità della sua prova, e in quest’ultimo caso firmerà un «contratto» che gli consentirà di lavorare gratis qualche altro mese alla traduzione di un testo qualsivoglia; quindi consegnerà, e infine…

Infine? Non si sa. Sì, l’«editore» vende e-book, raccolti in un catalogo ampio quanto fantasioso. Tuttavia, se non è difficile trovare in giro per il web testimonianze di traduttori sulla sequenza di fatti che ho appena descritto, per il momento rimane impossibile leggere di esperienze felicemente concluse: traduzioni assegnate, svolte, pubblicate, vendute e i cui proventi sono stati ripartiti con soddisfazione di tutti. Colleghi traduttori editoriali che avete lavorato o lavorate per l’«editore», se questa esperienza vi ha dato gratificazioni letterarie, vi ha aiutato nella carriera e vi ha portato dei guadagni, non importa di quale entità, fatecelo sapere: non chiediamo di meglio. Al momento, però, queste voci tacciono.

E nell’attesa di udirle, caro C., lascia che provi a raccontarti come funziona veramente questo mestiere, per me e per gli altri colleghi più o meno affermati nella traduzione letteraria/editoriale ma che tutto sommato lavorano regolarmente.

Un editore italiano compra da un editore, da un agente o da un autore straniero i diritti di traduzione in italiano di un testo in lingua straniera. Chiama un traduttore e gli propone il lavoro; se non lo conosce gli affida un breve saggio di traduzione, ma talvolta lo fa anche se già lo conosce, perché non ogni testo è nelle corde di ogni traduttore. Se il saggio piace, traduttore ed editore si accordano su tariffa e tempi di consegna: da lunga consuetudine, il compenso del traduttore viene stabilito in una certa somma di euro a cartella – cioè a pagina dattiloscritta di duemila battute: il numero non è scolpito nella pietra, ma qui cerchiamo di semplificare – al lordo delle tasse dovute, moltiplicata per il numero totale di cartelle della traduzione una volta completata. Ancora più in breve: cento cartelle di traduzione finita, per quindici euro lordi a cartella, uguale millecinquecento euro lordi di compenso al traduttore, a trenta, 45, 60 giorni dalla consegna (nell’esempio, fanno 1.275 euro netti di ritenuta Irpef che è a carico del committente, cioè dell’editore). Insomma il traduttore lavora, consegna, attende qualche settimana o mese, viene pagato, e il destino commerciale del libro non lo riguarda più. (Tranne in casi, più rari una volta, felicemente più frequenti ora, dove l’accordo fra traduttore ed editore prevede sia una retribuzione come l’ho appena descritta, sia una parte di royalties, cfr. sopra). Ma in generale, e per lo più, funziona così: c’è un professionista che lavora, e per questo viene pagato. Somiglia all’offerta che hai ricevuto dall’«editore»? Ti si propone la certezza di un impegno contro la certezza di un compenso?

L’«editore» di cui stiamo parlando non fa nulla di illegale, per usare una parola forte. Ma usa gli «incontri» che organizza a pagamento per ottenere una prestazione professionale di alto livello, quale è la traduzione di un testo letterario, gratuitamente, senza offrire alcuna garanzia di compenso, e dietro vaghe promesse di partecipazione agli utili. Nemmeno mente, il nostro «editore», quando dice che la legge italiana sulla tutela della proprietà intellettuale – che equipara autori e traduttori – prevede per questi ultimi un compenso in royalties. Quel che il nostro amico omette di dire è che la legge stessa prevede per i traduttori anche la possibilità del compenso «a stralcio», cioè quello che ho descritto, e ovviamente anche del compenso misto di cui ho parlato fra parentesi tonde; e sorvola agilmente sul fatto che da una parte nessun editore cartaceo o elettronico di minima qualità, credibilità, serietà e prestigio dà lavoro a un traduttore senza garantirgli un compenso certo, alto o basso che sia, e che dall’altra nessun traduttore di minima qualità, credibilità, serietà e consapevolezza del proprio valore – così come nessun altro lavoratore – accetterebbe mai di lavorare gratis.

Non è questa, ora, la sede per approfondire questioni contrattuali, retributive, fiscali che riguardano il lavoro vero dei traduttori veri e il loro rapporto con i loro committenti: non è un letto di rose, i problemi e i conflitti sono tanti, la consapevolezza cresce e dovrà continuare a crescere in entrambe le categorie nella normale dialettica per cui gli editori fanno il loro mestiere di imprenditori e i traduttori cercano di fare il loro di professionisti della parola scritta. Ma oltre alle norme, pur sacrosante, esistono anche le consuetudini. E giudicare chi si ha davanti secondo la sostanza delle sue proposte non è difficile: chi cerca di farti lavorare gratis non è una persona per bene.

In bocca al lupo per il tuo futuro,

Isabella

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